Qui lascerò i miei pensieri , come panni stesi su un filo, mossi dal vento, scaldati dal sole..

domenica 7 settembre 2008

I racconti della ringhiera.Il giorno della "bugada"


Il lunedi’ era il giorno del bucato ( la bugada). Perché, di norma, la domenica si cambiavano le lenzuola.
Una specie di rito, sempre uguale .
Già di buon mattino le donne riempivano con acqua bollente e sapone in scaglie o lisciva grandi mastelli di legno ( i segiun) e ci lasciavano in ammollo la biancheria , ben divisa: lenzuola, tovaglie,asciugamani, fazzoletti da una parte,colorati dall’altra. Gli indumenti di lana venivano lavati in acqua fredda, senza ammollo. Un doppio ammollo era invece previsto per le tute blu indossate dagli operai ..perchè nelle case di ringhiera, che erano di proprietà del “padrone”, ci abitavano gli operai. Per gli impiegati il” padrone” aveva previsto altri tipi di abitazione..
Dopo qualche ora i segiun venivano portati giu’, nella corte, e precisamente nel lavatoio.
Era un lavoro faticoso , perché il peso era notevole e, ovviamente , si scendeva a piedi.
Il lavatoio della casa di ringhiera, coperto da un tetto di coppi,su cui sonnecchiavano i gatti, era composto da una serie di vasche in granito e da uno scolatoio per l’acqua: qui i panni venivano lavati a mano, all’occorrenza spazzolati con una spazzola in saggina , risciacquati
Per le donne era un’occasione di incontro, ma anche di allegria ( spesso intonavano canzoni popolari), e non ultima come importanza, la possibilità di scambiare “pettegolezzi”
Infatti “I omen vann a l’ustaria per bevutà e sacranà e i donn vann al fiumm per resenta’ e sabetà”
“Gli uomini vanno all’osteria per bere e dire..sciocchezze e le donne vanno al fiume per risciacquare e per ”sabetare “, termine dialettale che significa proprio “far pettegolezzi”:l’osteria e le chiacchiere erano un modo per trascorrere il tempo in compagnia.
L’occasione era ghiotta anche per noi bambini:potevamo immergere le mani , fino a farle diventare viola, nella grandi vasche, con un pezzo di sapone e un fazzoletto da lavare, rilavare , sciacquare, risciacquare.
Ricordo che l’acqua, insieme alla terra della corte, era una delle componenti dei nostri giochi.
E alla fine era un trionfo di panni svolazzanti stesi ad asciugare.
I bambini, allora, che partecipavano fino in fondo al rito della bugada, si rincorrevano tra le lenzuola, le utilizzavano come nascondiglio, accompagnati dalle minacce delle mamme e della nonne..”guarda che le prendi!” “ ..questa sera , quando torna tuo papà, vedi!” E inseguiti dalla Elda, la portinaia , che brandiva una scopa di saggina …
In realtà per noi era un gioco, ma le nostre mani, sulle lenzuola pulite, lasciavano impronte nero fango che erano una delizia.
Le lenzuola, una volta asciutte, venivano “tirate” e piegate da due donne ( ahimè, ci escludevano perché eravamo piccoli, nel senso di bassi, e facevamo toccar terra alla biancheria), seguiva poi la stiratura con il ferro prima con la brace e poi elettrico.Di ferro a vapore si parlerà molto dopo..
Le lenzuola erano quelle della dote, a volte in lino e ricamate a mano,che, nate come piccoli gioiellini, dopo qualche anno di matrimonio mostravano qualche segno di usura e qualche rattoppo. Vuoi perché erano sempre le stesse a “girare”, vuoi perché i prestanti operai della ferriere, ancorché affaticati, facevano un grande uso del talamo..d’altra aparte , si sa ,quello è l’unico divertimento, gratuito, per chi nasce e vive da povero.Se potessero parlare , quelle lenzuola..
Di tutto cio’ quello che mi rimane in mente, e anche nel cuore, è il ruvido delle lenzuola appena messe nel letto ( già, l’ammorbidente non esisteva!) e il profumo del sapone di Marsiglia e del sole..
Ho sempre avuto ricordi legati a percezioni fisiche, piu’ che a sentimenti..
Se chiudo gli occhi rivedo i colori, sono in grado di annusare il profumo che non c’è, sento sulla mia schiena la tela ruvida…

2 commenti:

Unknown ha detto...

Che dire, mia cara Dori?
Bellissimo questo brano profumato di ricordi!
besos

Flà

lucy ha detto...

noi eravamo una grande famiglia allargata e alla mamma toccava il bucato coadiuvata da una domestica quando non ce la fece più da sola. ricordo la rimessa in fondo al giardino in cui i mastelli di ghisa contenevano la biancheria in ammollo. mamma ebbe anche una lavatrice aperta in alto che scaldava l'acqua e, con un sistema molto rumoroso, la sbatteva. poi c'erano due rulli attraverso cui farla passare per strizzarla sia per togliere l'eccesso di schiuma che per lo sciacquo finale. sembrava l'antro di una strega. nell'ammollo si metteva la "lissiva" o la cenere tolta dalla stufa. non ricordo odori particolari, ma il bianco abbagliante (come diceva il povero corrado) quello sì. a me la roba non viene così bianca, sarà anche perchè cotoni e lini "non sono più quelli di una volta". lo stiro avveniva con dei ferri che venivano scaldati a turno sul piano della stufa. chissà come facevano d'estate. poi venne la prima candy e i ricordi a quel punto smettono perché non ci fu più nulla di attraente da fissare, evidentemente . bello il racconto, dori! la cosa che più mi piace è scoprire che a lungo, fino ai margini della mia infanzia, la vita materiale era pressoché identica in tutto il paese (i lavatoi li usavamo in montagna d'estate). poi la macchina ha spazzato in un colpo abitudini secolari. non sono una nostalgica, però è innegabile che abbiamo perduto una bella fetta di umanità, schiacciando bottoni.